• Valeria Della Valle, nuovo Treccani colma vuoto parità

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    (di Mauretta Capuano) (ANSA) – PORDENONE, 18 SET – “E’ una nuova iniziativa che
    cerca di colmare un vuoto, di ristabilire una simmetria tra
    maschile – dominate per secoli nei vocabolari – e femminile, che
    era inesistente o nascosto. Un dizionario che vuole rimettere in
    equilibrio, l’uno accanto all’altro, femminile e maschile. Il
    femminile prima del maschile, rispettando l’ordine alfabetico”.
        La linguista Valeria Della Valle, direttrice con Giovanni
    Patota per Treccani del primo ‘Dizionario della lingua
    italiana’ che registra anche le forme femminili di nomi e
    aggettivi che tradizionalmente si trovano solo al maschile, spiega a Pordenonelegge il valore di questa operazione che
    promuove l’inclusività e la parità di genere. Ecco dunque
    entrare parole come architetta, notaia, medica, soldata.
        “Abbiamo lavorato a lungo. Quando abbiamo finito con Patota il
    vocabolario precedente, nel 2018, ci siamo resi conto che
    serviva uno sforzo in più e quindi abbiamo dato il via alla
    nuova edizione. Sono stati anni di lavoro con una redazione
    giovane che ci ha anche aiutato a renderci conto ancora di più
    dei mutamenti in atto della lingua. Questo vocabolario si
    rivolge ai giovani delle scuole e delle università. Vuol essere
    amichevole anche nel linguaggio, è un vocabolario che non mette
    soggezione. Talvolta lo riconosco, è un po’ un’autocritica, i
    vocabolari del passato avevano un certo tono, un sussiego che
    allontanava. Ne abbiamo fatto piazza pulita tutto in una volta”
    spiega all’ANSA la Della Valle.
        “E’ il primo di questo tipo e abbiamo già ricevuto in questi
    giorni moltissimi consensi e qualche critica, ma in questi casi
    accogliamo volentieri anche le critiche” racconta. Critiche di
    che tipo? “Un po’ pretestuose. Una persona in particolare, ma
    non si tratta di qualcuno che si intende di lingua, ha detto che
    in questo modo si rovina la lingua italiana. Direi proprio di no
    perché tutto quello che abbiamo registrato è corretto dal punto
    di vista della grammatica. Figuriamoci se proprio noi, storici
    della lingua, vogliamo far del male all’italiano. Sono critiche
    che ci fanno un po’ sorridere” afferma. (ANSA).
       


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